Il lockdown e il cibo
Mi è capitato di frequente in questo periodo, ascoltare frasi come queste: ”La prova costume la farò orale; alla fine prenderò una quarantena di chili”. Questa linea sarcastica nasconde un dato di fatto ineluttabile, ai tempi del Coronavirus molti di noi si stanno dedicando alla cucina e al cibo.
Sono uno dei responsabili dello Sportello di Ascolto del SAF e in questo periodo ho riflettuto su quello che stiamo vivendo rimanendo chiusi in casa e mi sono fatto delle domande.
Come mai tanti di noi hanno rivolto le proprie attenzioni al cibo?
Come ha influito il Coronavirus sui nostri bisogni?
Ho scritto questo articolo per mettere in luce il legame che c’è tra il covid 19, i bisogni, le abitudini e il modo in cui ci alimentiamo.
Alla fine ne ho tratto una chiave di lettura per evidenziare quanto sia importante conoscere la relazione tra il momento che stiamo vivendo e ciò che mangiamo. Conoscere la dinamica che sta alla base dei nostri comportamenti ci rende liberi e non più schiavi dei nostri automatismi.
Passiamo la nostra vita a soddisfare i nostri bisogni; quelli primari (utili alla sopravvivenza) e quelli secondari (come l’appartenenza a un gruppo, rispetto reciproco, affetto, ecc.).
Tutti noi abbiamo delle abitudini, delle routine che mettiamo in atto quotidianamente. Probabilmente lo facciamo perché è tramite le abitudini e la routine che soddisfiamo i nostri bisogni. Vi faccio degli esempi. Andare a cena con gli amici, ridere in compagnia, raccontarsi le proprie esperienze seduti a tavola davanti a un buon piatto di pasta soddisfaceva i nostri bisogni di amicizia, affetto e rispetto reciproco. Stare con i nostri familiari, ricevere il calore e l’affetto di genitori, fratelli, sorelle, cugini e nipoti ci faceva sentire parte di qualcosa.
Nel momento in cui, a fronte della nostra sopravvivenza non possiamo comportarci come prima che scoppiasse la pandemia e di conseguenza vengono meno alcuni modi per soddisfare i nostri bisogni, cosa succede? Posso immaginare che alcuni si siano riorganizzati in maniera autonoma creando delle alternative funzionali. Altri forse, assorbiti dalle notizie che si rincorrono sul COVID19, non hanno trovato una via d’uscita consapevole. Ecco allora che indossiamo la toque blanche, impastiamo e mangiamo di più di com’eravamo abituati. Lo facciamo per non sentire la pressione emotiva che giorno dopo giorno diventa insostenibile. L’insoddisfazione costante di un bisogno fa aumentare il malessere e quando diventa ingestibile, il cervello ricorre a strategie più arcaiche facendoci mettere in atto degli acting out, ossia dei passaggi all’agito, per riempire il vuoto dato dall’insoddisfazione.
Immaginate di essere una pentola a pressione. Arriverà un momento in cui all’interno sentirete una spinta incontrollabile e avrete bisogno di azionare la valvola di sicurezza che vi permetterà di far uscire il vapore e continuare a cucinare. Ora, se non vi rendete conto che siete arrivati al culmine della sopportazione e non siete in grado di capire che avete la possibilità di pigiare la valvola di sicurezza, cosa succederà? La pentola passerà all’agito, esploderà. Sicuramente il livello di pressione del vapore si abbasserà ma avrà danneggiato la cappa della cucina, le mattonelle, forse anche qualche familiare ma la prima a danneggiarsi sarà la pentola stessa.
Riprendendo l’esempio di prima, se abbiamo bisogno di stare con i nostri amici o con la nostra famiglia, la pressione emotiva derivante da questa lontananza forzata inizierà a crescere. Con il passare dei giorni, il malessere aumenterà fino a diventare insostenibile. La restrizione non ci permette di andare a cena fuori, invitare qualcuno a casa nostra oppure stare con i nostri familiari e allora, come la pentola a pressione, passeremo all’agito, esagerando nel mangiare. Se mangiassimo continuamente ci auto-danneggeremmo.
Suggerimenti.
Il primo è esprimere il nostro malessere con qualcuno che ci possa ascoltare senza giudicarci per quello che stiamo vivendo. Ho bisogno di stare con i miei amici, familiari ecc.
Il secondo è iniziare a pensare a questo processo. Avere consapevolezza di come funzioniamo, è il primo passo per iniziare ad accettarci per dare un nuovo significato ai nostri comportamenti. In questo periodo è naturale agire delle azioni compensatorie come esagerare nel mangiare. Siate gentili con voi stessi.
Il terzo è agire azioni potenzianti. Dopo esserci resi conto del processo sottostante riorganizziamoci, attivando le nostre risorse interne (es. volontà) e esterne (es. azionare la nostra valvola di sicurezza – ballare, fare attività fisica, leggere, dipingere, scrivere, bricolage, meditazione).
Se ne avessi bisogno ti consiglio di contattare un professionista in grado di ascoltarti, sostenerti e aiutarti. Chiedere aiuto è di per sè una risorsa.
Il presente articolo ha scopo informativo e educativo.
Le informazioni contenute non costituiscono pareri clinici, diagnosi, strumenti emozionali o di supporto.
Roma, 23 aprile 2020
Loris Addari