Padri e figli: una lettura delle relazioni organizzative
Il rapporto tra padre (genitori) e figlio (figli) è un tema sempre attuale che è stato analizzato e sviscerato da molti autori partendo da Freud, passando per Bion, Winnicot e Bowlby solo per citarne alcuni. Le dinamiche psicologiche tra “padre” e “figlio” le possiamo ritrovare in molti ambiti della nostra vita e quello lavorativo ne è sicuramente uno tra questi.
La Guardia di Finanza, come tutte le organizzazioni, ha una sua identità che si esprime con dei simboli, aneddoti e slogan caratteristici. Tra questi ce n’è uno che mi ha sempre colpito e che incarna le dinamiche intrapsichiche e interpersonali tra “padri” e “figli” all’interno del Corpo.
Attacca ‘o ciucco dov’o ‘o padrone!
Il significato letterale è facilmente intuibile. Fai quello che ti viene chiesto da tuo padre, dal tuo datore di lavoro o da un tuo superiore. Come appartenente della Guardia di Finanza mi è capitato di ascoltarlo spesso e qualche volta l’ho anche pronunciato. Quanti di voi hanno avuto la mia stessa esperienza almeno una volta durante la propria carriera lavorativa? Se questa è un’esperienza conosciuta è possibile che qualcuno abbia sentito sollievo, qualcun altro un po’ di frustrazione e qualcun altro indifferenza. In genere tutte le volte che ho ascoltato questo slogan è accaduto alla fine di lunghe discussioni sorte in servizio attinenti situazioni lavorative alle quali venivano proposte diverse possibili soluzioni ma nessuna applicata o applicabile. Come un marchio a fuoco, alla fine la conclusione era: ”attacca ‘o ciucco dov’o ‘o padrone”. Come una resa la cui possibile traduzione potrebbe essere: fai come ti dicono e non farti troppe domande.
Possiamo, però, leggere diversi significati dietro a questo modo di dire.
Le dinamiche psicologiche (intrapsichiche e interpersonali) all’interno dell’attività di servizio rivelano, spesso, ma non sempre, un quadro all’interno del quale il personale è assoggettato, senza avere voce in capitolo, alle indicazioni del personale dirigente. Premesso che questo rientra nelle funzioni dettate dal ruolo rivestito da ognuno di noi all’interno della Guardia di Finanza, credo che sia necessario un cambio di paradigma relazionale per gestire la Guardia di Finanza del presente e del futuro. Quando un militare pronuncia questa frase sta mettendo da parte i suoi pensieri, le sue emozioni e le sue sensazioni. In chiave analitico transazionale potremmo dire che si comporta come un bambino al quale il genitore (identificato nel diretto superiore oppure in un militare posto ad un livello superiore sulla scala gerarchica) ha ordinato cosa fare, esplicitamente o velatamente, senza diritto di replica. Tutti i bambini ai quali vengono imposte delle decisioni potrebbero adattarsi passivamente, rassegnandosi, oppure potrebbero ribellarsi, iniziando a covare rancore.
Se il personale collaboratore si comporta costantemente come un bambino che accetta passivamente le direttive dirigenziali, che acconsente ad ogni decisione imposta senza esprimere le proprie idee, da una parte potrebbe sentirsi sollevato e alleggerito rispetto ai compiti da svolgere per via della deresponsabilizzazione che accetta, ma dall’altro, potrebbe sentirsi insoddisfatto perché privato della creatività necessaria che tale deresponsabilizzazione comporta.
Se il personale dirigente si comporta come un genitore che detta costantemente regole, potrebbe sentir nascere un senso di isolamento che vissuto quotidianamente, potrebbe sfociare con qualche sintomo di burn out come ad esempio affaticamento e umore irritabile.
Come uscirne?
Una possibile soluzione è proprio la confrontazione, che attraverso il dialogo potrebbe stimolare un cambio di paradigma relazionale iniziando a far uscire gli attori coinvolti, dai ruoli di bambino e genitore.
La condivisione di obiettivi, intenti e programmi rende gli attori lavorativi maggiormente responsabili. Avere degli obiettivi, anche minimi, stimola la parte propositiva delle persone. Delegare e spiegare le motivazioni delle scelte dirigenziali, alleggerisce il peso che potrebbe avvertire chi è preposto a decidere; stimola la fiducia nei propri collaboratori e questo crea spirito di gruppo o come ci hanno insegnato nei vari corsi di formazione il famoso “spirito di Corpo”. L’obiettivo è transitare in uno stato in cui personale dirigente e personale collaboratore, siano uniti e coesi per l’interesse generale della Guardia di Finanza.
Luglio 2020
Loris Addari
Il presente articolo ha scopo informativo e educativo.
Le informazioni contenute non costituiscono pareri clinici, diagnosi, strumenti emozionali o di supporto.
S.A.F. Sindacato Autonomo dei Finanzieri – C.F. 96420860585